Riserva naturale integrale Macalube di Aragona

La riserva naturale integrale Macalube di Aragona è una riserva naturale regionale della Sicilia, situata 4 km a SO di Aragona e 15 km a N di Agrigento, che comprende una vasto territorio argilloso caratterizzato dalla presenza di fenomeni eruttivi.Guida turistica Parco Archeologico Valle dei Templi

Il nome Macalube (o, secondo alcune versioni, Maccalube) deriva dall’arabo maqlùb che significa letteralmente “ribaltamento”. Dopo le morti nel 2015, il territorio di vulcani di fango è chiusa al pubblico.

L’Occhiu di Macalubi (appellativo locale della zona) ha da sempre esercitato un grosso fascino sulla popolazione locale e sui viaggiatori stranieri.

Le più antiche descrizioni dell’area si debbono a Platone, Aristotele, Diodoro Siculo e Plinio il Vecchio. In epoca romana il fango sgorgante dal terreno veniva utilizzato per cure reumatiche e trattamenti di bellezza.

Nel corso dei secoli il luogo ha ispirato numerose leggende: secondo una di queste, i fenomeni eruttivi dell’area sarebbero iniziati nel 1087, a seguito di una sanguinosa battaglia tra Arabi e Normanni: il liquido grigiastro sospinto dall’attività eruttiva fu così ribattezzato sangu di li Saracini (sangue dei Saraceni).

Un’altra leggenda vuole che un tempo nell’area sorgesse una città, e che un giorno, a causa di un’offesa fatta alla divinità locale, la città fosse stata sprofondata nelle viscere della terra.

Guy De Maupassant, giunto nel sito nel 1885 durante una tappa di uno dei suoi viaggi, descrisse i vulcanelli di fango come “pustole di una terribile malattia della natura”

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Nel corso dei secoli il luogo ha ispirato numerose leggende: secondo una di queste, i fenomeni eruttivi dell’area sarebbero iniziati nel 1087, a seguito di una sanguinosa battaglia tra Arabi e Normanni: il liquido grigiastro sospinto dall’attività eruttiva fu così ribattezzato sangu di li Saracini (sangue dei Saraceni).[3]
Un’altra leggenda vuole che un tempo nell’area sorgesse una città, e che un giorno, a causa di un’offesa fatta alla divinità locale, la città fosse stata sprofondata nelle viscere della terra[senza fonte].
Guy De Maupassant, giunto nel sito nel 1885 durante una tappa di uno dei suoi viaggi, descrisse i vulcanelli di fango come “pustole di una terribile malattia della natura”